Estate 2020: nuovi bagagli (parte III)

A cura della dott.ssa Marianna Esposito e del dott. Simone Kalman

UNA PARENTESI DI VITA
Ripartire: nuovi bagagli
Chiacchiere e riflessioni con una psicoterapeuta e un logopedista

Finalmente concluso il lockdown, durante la “Fase II” abbiamo raccolto i vostri dubbi e curiosità sull’estate imminente. Ecco le nostre risposte:

Parte prima: leggila QUI.

Parte seconda: Privacy e confini necessari, Conflitti e confronti, Gli strascichi del 2020. Leggila QUI.

4. RIFLESSIONI LOGOPEDICHE

4.1 Lo sviluppo del linguaggio: arricchire il vocabolario, migliorare la capacità di racconto, correggere la pronuncia…

Da molti è arrivata la richiesta di approfondire questo argomento; qualcuno ha anche avanzato domande mirate, chiedendo informazioni sulla comparsa di balbuzie intorno ai 2 anni di età.

Rispondiamo procedendo per piccoli passi: che cosa ci serve per parlare?

Prima di tutto, ci serve una struttura adeguata: una macchina non va molto lontano, senza sedili o senza ruote.

Il sistema delle vie aero-digestive superiori è costituito da una cinquantina di muscoli: solo la lingua ne ha nove!

Intervengono anche i muscoli respiratori, quelli del collo e della gola, e ancora quelli della bocca e del viso.

Lavorano con estrema rapidità e precisione: riescono a cambiare posizione e grado di tensione nel giro di qualche millisecondo. Basta dire “ciao” per far lavorare quasi tutti i muscoli sopra elencati, e la lingua avrà cambiato forma e posizione almeno 4 volte.

Trovata la macchina giusta, ci servono poi un bravo autista e una mappa. Come si trasformano i pensieri in parole?

Quando parliamo, il nostro cervello seleziona le idee pertinenti (ignorando quelle irrilevanti) e le ordina secondo una gerarchia logica.

Dal magazzino della memoria, vengono pescati tutti i concetti che possono descrivere quelle idee.

(Nota a margine: a ciascun concetto è associata un’etichetta lessicale, che a volte è proprio appiccicata alle nostre idee, mentre a volte è persa da qualche parte nel disordine dei nostri ricordi. È quello che capita quando una parola è “sulla punta della lingua”: so cosa voglio dire ma non mi ricordo come si chiama. Pensieri e parole non sono la stessa cosa!)

Dopo aver recuperato tutte le parole che ci servono, le disponiamo in un ordine ben preciso, a seconda delle regole grammaticali di ciascuna lingua.

Tutto questo non basta, perché dalla memoria recuperiamo le parole nella loro interezza; queste però devono essere ancora modificate prima di essere pronunciate. Le scomponiamo e ne rimontiamo i pezzi per creare sfumature di significato: “mangio” è diverso da “mangerò”, ed è così che riusciamo a trasmettere pensieri differenti.

E tutto ciò in quanto tempo avviene?

Praticamente in un battito di ciglia: di solito quando l’interlocutore si ferma per respirare e possiamo inserirci nel discorso.

Proprio così: succede tutto in una frazione di secondo.

Inoltre, continui aggiustamenti e riparazioni vengono effettuati in corso d’opera; cambiamo le idee e le parole già mentre le pronunciamo. In pratica, le fasi che abbiamo visto sopra non avvengono in modo sequenziale (prima una, poi l’altra), ma quasi tutte contemporaneamente.

Ecco perché è così facile ingarbugliarci quando parliamo: è un processo talmente rapido che a volte sfugge ai controlli.

Alcuni problemi cruciali: la benzina e i limiti di velocità.

È evidente la complessità di questa “macchina delle parole”, e basta poco per rallentarla.

L’interrogazione di storia, il primo appuntamento, la stanchezza di una giornata faticosa: la mente si svuota, non troviamo le parole oppure biascichiamo.

È naturale, dato che per parlare dobbiamo attivare simultaneamente più processi; ciascuno di questi sistemi richiede benzina, e non sempre ne abbiamo a sufficienza.

A proposito di: balbuzie in età prescolare, errori di pronuncia e ritardo nello sviluppo del linguaggio.

Tutto ciò che abbiamo visto poco fa, capita anche a un bambino che sta imparando a parlare: a volte i pensieri sono più veloci della lingua, che si inceppa.

Spesso è una fase transitoria che viene recuperata nel giro di pochi mesi.

Oppure, capita di osservare un ritardo nella comparsa delle prime parole. Ancora, può capitare di rilevare errori nella pronuncia del bambino.

Quando preoccuparci?

È spontaneo fare confronti fra i propri figli e altri bambini per misurare i progressi.

Tuttavia, non è una scelta proficua: ognuno ha i suoi tempi!

Una regola d’oro per valutare i miglioramenti nel linguaggio è osservare come cambia nel tempo lo stesso bambino.

Cosa sa fare oggi che non sapeva fare qualche mese fa? Con che velocità si è modificato il suo profilo di competenze?

Per quanto riguarda lo sviluppo del linguaggio, i campanelli d’allarme più affidabili sono:

  • difficoltà nel comprendere frasi o semplici comandi, o nel rispondere quando chiamato per nome;
  • lentezza nell’acquisizione di nuove parole;
  • difficoltà nel combinare più parole insieme per formulare frasi;
  • produzioni scarsamente comprensibili da estranei e/o presenza di distorsioni nella pronuncia che rendono la parola lontana da quella originale (es. “uoc” per “acqua”).

Come aiutare il bambino ad affinare le proprie abilità linguistiche?

Ecco un’altra regola d’oro: cerchiamo noi per primi di fornire un buon modello.

Non ci si parla addosso e non si interrompe l’altro quando parla.

Cerchiamo di utilizzare frasi complete e ben formate.

Evitiamo di ripetere e utilizzare noi stessi le parole semplificate che usano i bambini (es. “bibo” invece di “biberon”); in pratica, evitiamo di fornire un modello errato di pronuncia.

Cosa fare in caso di distorsioni nei suoni, nell’utilizzo di un verbo o nella scelta delle parole?

Evitiamo di correggere l’errore in modo esplicito: è svilente, e facciamo credere al bambino che ci interessa più la grammatica che i suoi pensieri.

Terza regola d’oro di oggi: focalizziamoci sui contenuti e sulle intenzioni, invece che sulle parole e la loro pronuncia. Ecco alcune strategie:

  • Quando l’errore è minimo e non compromette la comprensibilità del messaggio, segnalare di aver capito e riformulare la frase per fornire il modello corretto. Esempio:
    • Bambino: “Il cane è corruto via!”
    • Genitore: “Già, il cane è corso via! Hai visto che veloce?”
  • Quando il messaggio è totalmente incomprensibile per via delle distorsioni nella pronuncia: accogliere il tentativo e chiedere una riformulazione, magari con parole diverse. Per esempio: “Ho capito che stai parlando dei Super Pigiamini. Me lo spieghi di nuovo?”. Ben venga l’uso di gesti per farsi capire. Attenzione: a volte i pensieri dei bambini sono più complicati di quello che crediamo.
  • Quando le parole si inceppano o il bambino fatica a spiegarsi: lasciamogli il tempo che gli serve! È davvero frustrante farsi rubare le parole dagli altri. Piuttosto, guidiamo il bambino a organizzare i pensieri. Esempio: “Aspetta, vuoi raccontarmi una cosa che è successa a scuola o che hai visto nei cartoni?”. Se davvero siamo di corsa, diamoci una “seconda possibilità”. Per esempio: “Adesso papà non può, me lo racconti dopo quando siamo a casa? Così ti ascolto meglio”.

Ultima accortezza: non serve semplificare i contenuti per renderli accessibili ai bambini.

Piuttosto, semplificare la lunghezza della frase.

Anche se abbiamo pensieri complessi, non è detto che ci servano frasi complesse!

A proposito di: arricchire il vocabolario.

Avete presente Wikipedia? È un’enciclopedia vastissima, e funziona per due motivi: prima di tutto, perché viene continuamente aggiornata. Poi, perché a ogni aggiornamento non solo vengono create nuove pagine, ma vengono creati collegamenti fra pagine già esistenti. In questo modo i contenuti sono facilmente fruibili, perché si può passare con rapidità da una pagina ad un’altra.

È così che funziona la nostra enciclopedia mentale. Ogni volta che impariamo una idea nuova, riorganizziamo il nostro archivio.

Facciamo attenzione: un sentiero poco battuto tende a scomparire facilmente.

Vale lo stesso per i collegamenti tra i pensieri e le parole; sono più accessibili i vocaboli che usiamo più frequentemente.

Abbandoniamo l’abitudine di usare parole generiche, alleniamoci a selezionare con precisione i vocaboli per non perderne la conoscenza. Fra l’altro, guadagneremo efficacia comunicativa.

  • Per i più piccoli: la lettura è un canale portentoso per espandere il lessico. Ottimi i giochi di “fluenza verbale”, come “Nomi cose città” oppure “Arriva un bastimento carico di…”. Azzeccatissimi anche gli indovinelli e i giochi di ragionamento con le parole.
  • Per i ragazzi più grandi: Do you speak English? Imparare un’altra lingua ci arricchisce doppiamente: allarghiamo i nostri orizzonti di socializzazione, e consolidiamo la conoscenza della nostra lingua. Sì, anche studiando latino e greco: tradurre verso la propria lingua è un’opportunità per rispolverare le proprie conoscenze di grammatica, evitando noiosi esercizi di analisi logica. Anche la letteratura e la poesia ci aiutano (e, perché no, anche i testi dei nostri cantanti preferiti). Armiamoci di curiosità e osserviamo le scelte stilistiche degli autori: viene usata una certa parola rispetto a un’altra per la sfumatura che può trasmettere? O per come suona?
  • Per gli adulti, mettiamoci alla prova: sicuri di conoscere il significato dei vocaboli che adoperiamo? Sbirciamo qui: https://unaparolaalgiorno.it 😉

A proposito della bocca e delle sue funzioni (respirazione, voce, dentizione e apparecchio, ciuccio, russamento notturno, masticazione, …).

Per parlare utilizziamo alcune strutture anatomiche che in realtà esistono per tutt’altro scopo.

Alcuni problemi di voce e di pronuncia sono causati da disfunzioni e squilibri muscolari a carico della masticazione, della deglutizione, della respirazione e della postura.

Non è strano che un ortodonzista ci chieda di fare logopedia prima di mettere l’apparecchio ai denti: sono i muscoli a guidare la crescita ossea, quindi in alcuni casi la malocclusione dentale può essere corretta intervenendo sui movimenti della bocca e della lingua.

Sempre per questo motivo, i dentisti sconsigliano l’utilizzo prolungato del ciuccio e ci sgridano quando ci mangiamo le unghie.

Inoltre, alcune ricerche scientifiche recenti hanno ottenuto risultati positivi proponendo esercizi logopedici a persone con bruxismo e russamento notturno.

4.2 Riflessioni sul gioco: intrattenimento, creatività, tablet, sport, …

A cosa serve giocare?

Facile, per un miliardo di cose: a rielaborare esperienze vissute, per capirle meglio. Ad affinare le nostre abilità sociali. Per imparare cose nuove.

Ma soprattutto: per svagarci e per divertirci.

Essendo molteplici gli scopi del gioco, molteplici sono le forme e gli strumenti per giocare.

Ben venga allora la varietà: sì ai giochi educativi, ma anche ai giochi creativi e a quelli puramente di intrattenimento; bene quelli di cooperazione come pure quelli di competizione, individuali o di gruppo; sì ai videogiochi come pure le attività all’aperto.

L’importante è provarli tutti.

4.3 Riflessioni su lettura, scrittura e matematica: come potenziare o mantenere le abilità raggiunte durante l’estate, fino alla riapertura delle scuole.

Domanda molto semplice, risposta davvero complessa.

Esistono due posizioni estreme: allenamento quotidiano versus nessun esercizio in assoluto. Con una miriade di opzioni intermedie.

Tra l’altro, da anni vengono condotte numerose ricerche per caprie quale modello didattico sia il più efficace, eppure nessuna risposta è risultata conclusiva.

Tuttavia, dalle neuroscienze ricaviamo due informazioni:

  1. “Repetition counts”, cioè la ripetizione conta. Non abbiamo scorciatoie: se vogliamo padroneggiare una competenza, dobbiamo allenarci in modo massivo. Ecco perché i bambini vanno a scuola tutti i giorni.
  2. Tempi di riposo. La memoria funziona meglio se abbiamo adeguati tempi di riposo. Un po’ come per i muscoli: l’allenamento eccessivo è controproducente, mentre il riposo è essenziale per il consolidamento di quanto appreso. Ecco perché esiste il fine settimana 😊

Quindi, quale strategia? Né ozio totale, né collegio militare.

Ben venga un allenamento funzionale, cioè mettere in pratica le proprie capacità per una attività che abbia uno scopo reale, invece che mero esercizio.

Un esempio per la scrittura: oltre al tema per la scuola, proviamo a mettere in gioco l’ortografia e la capacità di composizione dei testi scrivendo una cartolina agli amici rimasti in città.

4.4 Spazio alle domande: “Per mia figlia all’inizio era come essere in vacanza, poi si è demoralizzata perché sono incominciati a mancarle la scuola, i suoi amici e i suoi sport.

Non è sola: è stato così per molte persone.

Il periodo di lockdown è stata una fatica senza ricompense: abbiamo dovuto adattarci a una nuova ruotine, rinunciando alle gratificazioni ricavate dalle attività abituali come appunto gli amici e lo sport.

Adesso quel periodo è alle nostre spalle, e fortunatamente abbiamo ripreso i nostri ritmi (con tutte le cautele del caso).

Rigiro la domanda: delle attività che le sono mancate, cosa è stato recuperabile anche a casa? Quali adattamenti sono stati efficaci?

Per adesso buona estate: è stato un piacere camminare con voi.

Marianna e Simone